Viola Mura: «L'Isola sono io è nato così»
Dopo tanta attesa L’isola sono io sta per ripartire. I concorrenti della terza edizione sono stati scelti attentamente, ognuno con un profilo diverso, ognuno con una storia da raccontare. Ma per vederli bisognerà attendere ancora qualche settimana. Nell’attesa abbiamo intervistato la producer, Viola Mura, “mamma” di questo programma.
Cos’è L’isola sono io?
Il reality vuole essere una bella partita dove tutti giocano alla pari. E come tutte le belle partite non poteva non essere in televisione… magari anche con un bel tifo in poltrona!
Perché questa formula mista abili e disabili?
Il reality non è stato creato per i ragazzi disabili, di format così ne esistono già parecchi, ma per dare l'opportunità a persone senza disabilità di crescere, anche se per poco, al loro fianco. Pochi giorni per rendersi conto che forse non è poi un dramma se qualcuno non mette "mi piace" sulla tua foto, se non hai un abbonamento in palestra o se qualcuno non nota il tuo nuovo taglio di capelli. E provi molta più gioia e soddisfazione nel superare assieme una barriera architettonica o raggiungere un obiettivo.
E qual è l’obiettivo?
La disabilità è negli occhi di chi guarda Il messaggio può arrivare, deve arrivare.
E suo fratello? Io e lui, diversi ma uguali, gemelli, io femmina lui maschio. Lui disabile io no. Eppure tante volte mi sono chiesta perché? E tante volte ho pensato che poteva andare in modo differente. Un errore medico, umano...un errore che ti cambia la vita. Poi però ti rassegni e pensi semplicemente che il destino ha voluto così.
Difficile convivere con la sua disabilità?
La diversità di mio fratello per me non esisteva, anzi, mi stava sulle scatole che lui avesse più attenzioni di me, che lui avesse più balocchi di me. Ero una bambina. Poi l'asilo, il primo piccolo popolo sociale a cui vai incontro. Le prime prese in giro, le risatine. Per la prima volta ti rendi conto che nella tua pancia, anche se hai solo 5 anni qualcosa si muove. Fino ad averne piena consapevolezza con le scuole medie, dove il bullismo ha pieno campo. Così tornavamo a casa, io e mio fratello, gli insegnavo a fare a botte perché pensavo che tutti quegli ignoranti che lo deridevano andassero picchiati. E poi gli insegnavo a parlare bene, a camminare dritto, a fare meglio.... e lui mi seguiva, senza contraddirmi… senza spiegarmi che alcune cose proprio non poteva farle, lui, non voleva deludermi.
E...
Poi l'adolescenza, il periodo più cupo. Io a 16 anni uscivo con il primo ragazzino, lui no, in casa..studiava e coltivava i suoi sogni. Soffriva perché voleva conquistare anche lui la sua indipendenza, il suo posto nella società. Sognava una donna, un bacio, una carezza. E non c'era Facebook per trovare amici, non c'erano nemmeno internet o il cellulare per mandarsi messaggini.
Ma la voglia di vivere di suo fratello ha battuto la disabilità
L’atteggiamento protettivo di mamma e forse un pò di insicurezza rallentavano i tempi fino a quando un giorno, mio fratello ha dispiegato le ali, senza che nessuno ci facesse più di tanto caso ha preso in mano la sua vita ed è uscito di casa. Ha preso la patente, ha cambiato università inseguendo la sua vera passione, è andato a vivere da solo, si è sposato. Oggi è mio fratello che mi mostra come combattere l'ignoranza della gente. Sembra incredibile ma i ruoli si sono quasi ribaltati: oggi è lui che mi insegna a fare a pugni con una società molto spesso chiusa ed arrogante.